- di Mina Ahadi,“Da questa parte del Muro”
In questi giorni bui molti in Iran e in ogni parte del mondo sono in ansia per i propri cari. I loro cari, i loro amici che, “colpevoli” di aver protestato contro questo regime fascista e dittatoriale, sono stati arrestati, sono finiti nella lista nera della repubblica islamica. Quante madri, in questi giorni bui, stanno cercando disperatamente i propri figli con l’incubo che potrebbero non ritrovare più nemmeno i loro corpi. Giorni nei quali continuiamo ad apprendere terribili notizie di violenze e crimini: prigionieri che non hanno più la forza di parlare, donne stuprate, giovani ridotti a pezzi, detenuti torturati, legati ad apparecchi elettrici e sottoposti ad electroshock…
Giorni di proteste, di manifestazioni, di incontri, di slogan, di forza e di determinazione, eppure un sensazione di ansia perenne aleggia nell’aria: l’angoscia per la sorte di centinaia di persone che sono state arrestate nelle ultime settimane non ci abbandona mai. Troppe madri e troppi padri non sanno ancora dove siano i loro figli, scomparsi un mese fa, o se qualcosa di terribile è stato fatto loro.
Ciò che mi ha spinto a stendere queste brevi righe, sono state le lettere dei figli di uomini che hanno giocato un ruolo chiave nella realizzazione di questo governo. Penso ai figli di Hajarians e Aminzadehs, alle loro lettere piene di apprensione per i loro padri, che solo ieri erano al vertice del poter e che oggi sono finiti nella lista nera del regime, nella mani di aguzzini che in passato erano loro amici.
Ecco una lettera piena di angoscia di una ragazza che scrive a suo padre:..”Tu sei stato il più grande e ho molte domande da farti che riguardano il tuo lavoro … mi hai dato delle risposte ma non mi hanno convinto. Ti chiedo perché ti hanno arrestato, sono in ansia per te e triste perché non ti vedo da giorni”..
A questi giovani che fanno domande, ai figli di coloro che erano al poter ieri e sono in prigione oggi, dico: fermatevi, ascoltate, tendete il vostro orecchio da questa parte del muro, prestate attenzione alle nostre voci, cercate di essere forti e di affrontare la verità. Ascoltateci se volete risposte.
Da questa parte del muro ci sono milioni di persone, sono in piedi, fermi contro i vostri padri, contro Khamanei, Khatami, Khalkhali e contro Hajarian, contro i governanti di ieri e di oggi, contro i Conservatori, gli Emam della linea di Khomeini, contro i Riformisti e gli altri. Noi ci opponiamo a loro, noi non li abbiamo mai accettati. Guardateci, ascoltateci. Siamo quelli che a Kahavarans ed in ogni parte dell’Iran hanno perso brutalmente la loro vita per ordine di questa gente, quelli che sono stati fucilati, messi a morte, lapidati da questo governo.
Noi, vittime di questo regime fascista e brutale, diciamo con forza a voi giovani, a voi nuova generazione, che le torture, gli elettroshock, le pene capitali, le esecuzioni sono nate con questo governo.
Ascoltate le nostre voci. Questo è un governo che nei primi anni in cui ha preso il potere ha assassinato migliaia di persone per reprimere nel silenzio una rivoluzione e mantenersi in vita. E’ un governo che ha messo a morte senza scrupoli ragazzini di 12 anni e donne incinte. Dovete affrontare questa dura realtà, che i vostri padri hanno giocato un ruolo di primo piano nella realizzazione di questa macchina criminale. Alcuni di loro, ieri, nella stessa prigione di Evin hanno dato ordini di uccidere e dopo, serenamente sono rientrati nelle loro case mostrandosi affettuosi e paterni con i propri figli.
Ascoltateci. Siamo le donne che hanno subito i primi attacchi di questo governo. Ci hanno imposto il velo, ci hanno imposto di obbedire a questa regola urlandoci “o il velo o le botte”. Prima abbiamo ricevuto i loro insulti, poi la lama dei coltelli, infine i Kalashnikovs e l’acido gettato sui volti: così, come si fissa un disegno con delle puntine, si sono assicurati che tenessimo il chador ben fermo sulle nostre teste.
Ascoltateci. Questa è la voce dei lavoratori ai quali per primi sono stati destinati i proiettili. Questa è la voce della gente del Kurdistan, bombardata, massacrata ridotta a pezzi. Una ferita indelebile ha segnato i corpi e gli animi dei nostri figli.
Guardateci. Siamo le donne lapidate a morte. La lapidazione di donne e di uomini, una delle pratiche più brutali e barbariche nei confronti di un essere umano, è una delle leggi di questo paese introdotte dai vostri padri e per la quale vanno estremamente fieri. Sono Mariam Ayoubi e un giorno terribile d’estate, l’11 luglio, mentre giacevo priva di sensi per lo spavento, mi hanno portato nel carcere di Evin e lì, in una cella, mi hanno lapidato sotto gli occhi dei miei bambini di 6 ed 8 anni, ero colpevole di adulterio, di questo ero accusata.
Sono tra i figli di coloro che sono stati lapidati a morte. Cosa può esserci di più terribile per un figlio o una figlia?
Tendi il tuo orecchio, cerca di essere forte, ascolta la verità dalle nostre bocche, da noi che siamo sempre stati da questa parte del muro e abbiamo detto “No” a questo governo.
Ascolta le parole di Solmaz e Arash e quella di centinaia di bambini le cui madri, i cui padri sono stati arrestati perché “colpevoli”di attività politiche, assassinati per essere stati comunisti o anticlericali. Non hanno più nulla dei loro genitori se non foto e ricordi.
Sono Delara Darabi. Una bellissima giovane donna che amava l’arte, che amava dipingere. Mi hanno arrestata e dopo anni di maltrattamenti fisici e psicologici, un terribile giorno mi hanno svegliato e brutalmente mi hanno urlato contro :” forza, la tua esecuzione aspetta”. Ero in preda al terrore, ho chiamato mia madre: “Mamma, papà venite presto, dite loro che sono spaventata, dite loro di avere misericordia”. Ma prima che riuscissero ad arrivare, mi hanno portato in una stanza molto grande, hanno legato una corda intorno al mio collo…avevo 23 anni.
Sono i due figli di Fatemeh Haghigh-Pajho, Zahra e Farzineh. Ascolta bene la nostra storia. Per un anno intero, mentre nostra madre era rinchiusa nella prigione di Evin, tutte le notti a mezzanotte eravamo lì, in piedi, sotto la mura della prigione. Un giorno hanno preso nostra madre e l’hanno fatta salire su un alto sgabello, poi lo hanno scaraventato via da lei. Avevamo solo lei, nessun altro a prendersi cura di noi. L’hanno uccisa e poi ci hanno chiamato dicendo:” il vostro lavoro adesso è finito, adesso potete venire qui e ritornare alla 10 del mattino per prendere il suo corpo”. Riesci ad immaginare cosa significhi? Riesci a comprendere la ferita profonda che si apre? Il vuoto ed il terribile dolore? Ci chiediamo continuamente “perché, perché, perché”?
Sono la voce della madri i cui figli sono stati arrestati 30 anni fa, accusati di attività politiche sovversive, accusati di non sostenere il governo e i vostri padri. Sono stati stuprati, uccisi. Hanno chiesto del denaro e vassoi di dolci per le loro figlie “ diventate spose” prima di farne sparire i corpi.
Sono la voce di tutte le vittime di questo regime fascista e brutale. La voce di tutti quelli che sono stati arrestati, messi a morte, torturati , assassinati in questi 30 anni.
Dobbiamo rialzarci. Noi donne, noi lavoratori, noi studenti. Noi che amiamo la libertà, dobbiamo mettere fine al peggiore ed al più brutale e barbarico governo di questo secolo. Rovesciando la repubblica islamica con i suoi leader potremo realizzare una società libera ed umana nella quale tutti, anche voi, vivranno da esseri umani.
Thursday, August 13, 2009
Una risposta alle domande dei figli di Hajarians e Aminzadehs!
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Una delle lettere piu' toccanti che abbia mai letto.
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